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Viaggi nella memoria
LA FIERA DEL 2-3 FEBBRAIO ALLA MADONNA DELLA ROVERE
Testo di Mario Corso, pubblicato su “A Vuxe de Cà de Puiö” n. 8, dicembre 1989, pp. 9-20.
...Il due del mese di Febbraio di ogni anno, fin dai più remoti tempi, la ricorrenza della Purificazione di M.V. viene celebrata con particolare solennità presso il Santuario della "ROVERE", la graziosa frazione situata a sud-ovest rispetto all'antico nucleo di San Bartolomeo ed a montè della ferrovia, nonché dell'Aurelia.
...Tale festa ha sempre attirato, e tuttora attira, numerosi visitatori, sia per autentica devozione, la Madonna della Rovere è molto venerata in tutta la zona, sia per antica tradizione tramandata dai vecchi ai più giovani, che nel corso degli anni mai si è interrotta. L'afflusso di persone, della più svariata estrazione, contìnua ad essere imponente ad ogni rinnovarsi dell'annuale appuntamento: tanto più che alla celebrazione religiosa era stata abbinata una fiera commerciale ed un parco divertimenti.
Mario Corso
...Di fiere ogni paese aveva la propria, generalmente in occasione del santo Patrono, ma difficilmente la loro notorietà superava la cinta comunale, in buona parte si sono "perse" specialmente dopo l'avvento dei mercati settimanali. Nella nostra zona tenevano banco la Rovere e quella dei Rossi di Stellanello in occasione del Carnevale, quella di Taggia, altra grossa fiera, interessava tutt'altra fascia di popolazione.
...La fiera della "ROVERE" si protraeva per due giorni, e spesso anche tre, a seconda della collocazione della domenica, e fu certo uno dei motivi che ne accrebbe l'importanza, ma soprattutto la visita al Santuario, l'unico nella zona dedicato alla Madonna, sempre oggetto di molta venerazione, particolarmente in passato. Inoltre offriva la possibilità di unire il sacro al profano, come frequentemente nelle tradizioni popolari.
...Altro fattore e forse il più importante, il periodo in cui capitava, cioè si era conclusa la prima fase della raccolta delle olive, allora principale se non unica fonte di guadagno per la maggioranza degli abitanti del luogo e dei dintorni, e specialmente se l'annata era stata buona vi era una maggiore disponibilità di denaro, ed i vecchi capi famiglia erano meno restii ad allentare i cordoni della borsa, in barba alla proverbiale parsimonia.
...Ora molte cose sono cambiate; prima di tutto la topografia dei luoghi dove si è svolta per tanti anni la festa; il vecchio "cianelùn" così caro ai nostri ricordi di un tempo ormai lontano, non esiste più, quasi si stenta ad immaginarselo come era allora, e ricollocarlo al suo posto in luogo delle attuali villette. Le bancarelle sistemate in precario equilibrio sul ciglio della scarpata del cavalcavia, ed i bancarellisti sistemati alla meglio su di un abbozzo di scalino ricavato nella scarpata stessa, indaffarati, compiendo miracoli di equilibrio, a proporre la loro merce ed a puntellare il banchetto oscillante sotto le spinte della ressa che si creava nelle ore di punta a causa della strada troppo stretta; era un ambiente avaro di spazi e bisognava adattarsi.
...Ed il famigerato "caruggiu" ironicamente detto "spuncia cu" un nome che la dice lunga, ora allargato, reso più agevole, migliorato anche il fondo, allora sconnesso e scivoloso. Resta solo il ricordo delle resse inverosimili, delle epiche spintonate da parte dei più intraprendenti e dalle mani lunghe, le donzelle lanciavano acuti strilli, volavano parole pesanti e da parte delle più energiche sonori ceffoni, che spesso e volentieri andavano a colpire il solito sprovveduto che non ne sapeva niente, di qui nuove recriminazioni, interventi di qualche madre in difesa delle più timide, un vero bailamme ma anche una delle attrattive della fiera, per i giovani si capisce. Infatti non erano pochi che ripetevano il percorso per il gusto della baraonda, e non vorrei essere troppo malizioso pensando che anche qualche ragazza non disdegnasse troppo l'avventura. Nel dopo guerra lo spostamento del parco giochi in altra zona ha determinato la fine anche di tutto questo.
...Durante il periodo bellico la fiera andò gradatamente diminuendo di importanza fino a ridursi alle sole cerimonie religiose e pochi banchi; i motivi sono fin troppo ovvii da capire....
...Ritornati alla normalità, si presentò una situazione del tutto differente. Non più disponibile il "cianelùn" ed altri terreni a valle della ferrovia, fu giocoforza trovare una nuova sistemazione; il parco giochi venne sistemato provvisoriamente nell'area dell'ex cantiere, il ben noto "ciantè" al momento ancora libero, ma piuttosto decentrato rispetto al Santuario che è pur sempre il vero fulcro della festa; dopo un periodo di transizione,coli'apertura della bella piazza delle Magnolie si arrivò alla sistemazione attuale. I tempi si sono allungati rispetto al passato e per circa una settimana prende stanza su detta piazza un moderno Luna Park, come se ne vedono normalmente nelle varie cittadine della riviera: giostre, autoscontri, tiri al bersaglio ecc. niente di nuovo da scoprire per i nostri giovani, ma l'atmosfera festaiola un po' particolare che aleggia, attira sempre un notevole numero di ragazzi anche dai paesi vicini.
Metà anni Cinquanta: un giovanissimo don Bruno Divizia conduce
la processione dell'antica statua miracolosa della Vergine.
...I due giorni di fiera si presentano sempre interessanti per la molteplicità degli articoli esposti: i vecchi "burdatti", fustagni, "tea de Ruscia" ecc., hanno lasciato il campo al più moderno "jeans" ed alle pelli più o meno autentiche, comunque il settore abbigliamento è sempre il più rappresentato.
...Notevole in questi anni, l'esposizione di macchine agricole ed attrezzi riguardanti il settore, si è invece ridotto ai minimi termini la fiera degli animali da lavoro ed anche da stalla, segno anche questo dei tempi mutati. Si può dire che una delle principali attrattive della fiera attuale sia costituita dalla vendita degli alberelli da frutta, principalmente, ma anche ornamentali, oltre alle solite piantine di viti.
...Il commercio delle piantine è sempre stato presente anche in passato, ma dalle solite piantine di vite e alcuni alberelli delle varietà fruttifere più comuni, siamo passati ad un mercato più che nutrito per la notevole varietà dell'offerta ed i numerosi affari conclusi.
...Fino a questo punto, saltabeccando avanti e indietro abbiamo cercato di confrontare il passato con l'attuale. Mi sembra venuto il momento di tentare, attingendo a vecchi ricordi, episodi sentiti dagli anziani di allora, di rievocare come era e cosa significava "a fea da Madonna" nel periodo tra le due guerre e per quanto possibile anche prima.
...L'usanza di festeggiare la ricorrenza del due febbraio, detta anche Candelora, risale certo a tempi molto remoti se già i nostri avi ne parlavano come di cosa sempre esistita, facendo frequenti riferimenti alle indovine e fattucchiere, zingare imbroglione che insidiavano la gente semplice con le loro arti magiche, a quanto pare un vero pericolo pubblico, unitamente ai "tiaburse" (borsaioli) altrettanto numerosi e imperversanti.
...Si raccontava anche di clamorosi "bidoni" appioppati da commercianti troppo furbi a qualche acquirente poco scaltrito, magari con l'intervento del solito "sensale" briccone. E poi le immancabili scazzottate che avvenivano nelle ore serali, quando i bicchieri scolati cominciavano ad essere un po' troppi. Non che fosse tutta cronaca nera, ma è che gli avvenimenti normali non fanno notizia mentre i fattacci restano più impressi nella memoria.
...Anche questi episodi però servono a rendere l'idea che già in quei lontani tempi la fiera fosse molto frequentata e movimentata.
...Nelle fiere del passato aleggiava un po' l'atmosfera da "corte dei miracoli" sia per la grande varietà degli articoli offerti in vendita in maggior parte di qualità scadente, tanto che si era creato il detto per significare una cosa di poco pregio "roba da fee" e sia per i numerosi "ciarlatani" che riuscivano a piazzare, grazie alla loro eloquenza infiorita di strafalcioni maccheronici, le cose più assurde ed inutili che si possano immaginare: sistemi per ripararsi le pentole bucate senza ricorrere allo stagnino, per ripararsi le scarpe senza l'ausilio del calzolaio e via di questo passo. Superfluo dire che questi meravigliosi aggeggi si rivelavano in seguito assolutamente inefficaci.
...Immancabile il venditore di grasso di marmotta che aveva anche i suoi affezionati clienti, perché credo che qualche proprietà magari l'avesse, non certo tutte le mirabolanti virtù che gli attribuiva il nostro ciarlatano, ma via proprio fregatura non era. Buon successo avevano pure i venditori di erbe, ma sopratutto di radici medicamentose, provenienti secondo la versione dei venditori, da lontani paesi, segreti strappati agli stregoni del posto. In questo campo non si dovrebbe parlare di ciarlataneria, perché a parte la fantasiosa presentazione, esistono veramente erbe medicamentose, parecchie delle quali sono state presentate, su questa stessa rivista, dall'amico dott. Antonio Vallini in una serie di interessanti articoli. Resta soltanto il dubbio che fossero così efficaci in tutte le più svariate malattie, come asserivano i vari "Dulcamara" di passaggio.
...Accennato rapidamente all'aspetto piuttosto ambiguo di certi personaggi della fiera, (e ce ne sarebbero da raccontare), parliamo ora del lato buono.
...Anzitutto del banco delle ferramenta, fornitissimo di tutti gli attrezzi che possono servire in casa e fuori, tale e quale all'attuale; seguono i mercanti di tessuti, già menzionati in precedenza, gente conosciuta di cui ci si poteva fidare in pieno. Trovavano ampio spazio i venditori di attrezzi inerenti alla campagna: canestri nelle varie misure, da quarta, da mezza quarta e da in "metuà", poi "frappe da sbatte" (pertiche per abbacchiare le olive), scale a pioli tutte in legno, di varie misure ed i famosi "curbui" le caratteristiche gerle munite di manici da applicare ai lati del "basto" delle bestie da soma; servono come sappiamo per il trasporto di molteplici cose, in certi casi anche bambini. Erano presenti anche venditori di patate, di rape, di cipolle, di aglio, di ceci ed altro ancora; scarpe, ciabatte, zoccoli erano ben rappresentate.
...Lasciamo da parte il reparto mercato che in fondo è sempre lo stesso e ritorniamo su quello che ci interessa maggiormente: il settore dei divertimenti. Erano in voga allora molti giochetti a premio, modestissimi premi s'intende: la pesca reale, c'è chi pesca bene e chi pesca male, diceva l'imbonitore; il treno lampo, piccola lotteria abbinata ad un trenino; la biancolina, una sorta di roulette rudimentale, tutti giochi autorizzati ai quali si poteva partecipare con pochi spiccioli, e naturalmente la popolare lotteria delle bambole. Il gioco delle tré carte era invece un vero e proprio gioco d'azzardo riservato agli adulti. Pochi sanno che la fiera della "Madonna" era una delle pochissime in cui era permesso (in base a non so quali antiche convenzioni) tale gioco purché la puntata massima non superasse le due lire (poi allargata a cinque), manco a dirlo, appena il gioco entrava nel vivo, tale cifra veniva superata largamente, ed in seguito permessi di tal genere non vennero più rilasciati; continuarono a giocare clandestinamente stando attenti a non farsi beccare dai carabinieri, tempestivamente segnalati dal solito "compare" presente nei paraggi; se trovavano il pesciolino adatto lo pelavano per bene.
...Le giostre sono sempre presenti per la gioia dei bambini, inizialmente piuttosto povere, con i cavallucci spelacchiati, trainate da un povero ronzino altrettanto spelacchiato; andarono sempre migliorando finché non cominciarono ad arrivare i modelli più eleganti, luccicanti di specchietti e verniciate a vivaci colori, ed infine quelle a "cadene" elettriche, privilegiate dai giovani e dalle ragazze, poi le altalene per i coraggiosi e le prove di forza per i bulli. Ebbe un successo la prima autopista, allora la chiamavano così, un successo veramente enorme perché era una novità assoluta per la fiera della "Madonna". Vi furono lotte feroci per accaparrarsi una vetturetta, anche da parte di persone adulte che lasciando da parte ogni pudore si facevano largo di forza a scapito dei ragazzini.
...Ma quello che non si ripete più da molti anni, che penso sia definitivamente finito è il fenomeno dei "baracconi" stravaganti e un po' scalcinati, che proponevano allo spettatore delle stranezze inverosimili nella maniera più assoluta. Rimase famoso per qualche tempo "Doro-plus", il feroce selvaggio mangiatore di carne cruda, prediligeva i polli, e che per dessert leccava avidamente una spranghetta di ferro arroventata. Rinchiuso in una gabbia solidamente incatenato, si muoveva con gran strepitio lanciando urla gutturali che spaventavano i bambini; ogni tanto veniva fatto affacciare per un istante ad un finestrino munito di inferriata per la visione completa, logicamente era necessario entrare nel padiglione muniti di regolare biglietto.
...A tarda sera poteva capitare di incontrare l'energumeno in qualche osteria con il viso ed il collo ripuliti alla meglio, completamente ammansito, intento a scolarsene una "mezza" di quello buono. Abbiamo detto ripulito, per meglio simulare l'uomo selvaggio si tingeva coscienziosamente di nerofumo.
...Di volta in volta si poteva ammirare la "sirena" donna pesce, catturata e pescata nei lontani mari del sud, una povera diavola inguainata dalla cintola in giù in una specie di astuccio di gomma a forma di coda di pesce e costretta a starsene immersa per alcune ore in una vasca d'acqua, speriamo almeno tiepida. La nota umoristica: siccome all'epoca non era ammesso il seno nudo, la povera sirena per non offendere il comune senso del pudore (di allora) si esibiva in reggiseno.
...Un altro colpo di grande effetto fu la presentazione della donna senza testa, (proprio così) l'imbonitore raccontava una inverosimile storia di una componente di un'equipe di esploratori e studiosi la quale catturata da ferocissimi selvaggi che dopo averla decapitata, ne trafugarono la testa come trofeo. Il tempestivo intervento dei compagni, tra i quali un insigne scienziato, permise di mantenerla in vita e con l'applicazione di certi tubi per la respirazione e per il cibo, era tuttora in buona salute (si fa per dire). Qualcuno l'avrà bevuta, la maggior parte per curiosità, la trovata ebbe gran successo, una volta tanto il trucco era fatto molto bene e lo spettatore aveva veramente l'impressione di trovarsi davanti una giovane privata del capo.
...Abbiamo visto le donne elettriche, due gemelle australiane (l'esotismo fa sempre presa), avevano la proprietà di accendere normali lampadine accostate a qualsiasi punto del loro corpo. Le donne volanti, si aveva l'impressione che svolazzassero sotto il soffitto del padiglione; ed altre stramberie simili, trucchi spesso grossolani, che tra l'eterogeneo pubblico della fiera trovavano anche il loro spazio.
...Non mancava mai un modesto serraglio dove si potevano ammirare gli animali feroci, magari un leone decrepito e rincoglionito, il lupo, un macaco gabellato per gorilla, l'istrice, una volpe, un paio di scimmie ed un grosso pitone quasi in coma, potevano bastare.
...Le marionette meccaniche ebbero il loro buon successo. Il record dell'interesse lo stabilì, però, il padiglione dello sport, era una novità e non ritornò più negli anni successivi. L'attrattiva consisteva nel fatto che dopo le solite esibizioni di un paio di forzuti, catene spezzate, sollevamento di pesi, ecc., i due atleti dopo un'esibizione di pugilato, si dichiaravano disposti ad accettare sfide da chiunque si volesse presentare, pochi accettavano e non successe mai nulla di interessante. Senonchè del gruppo faceva parte anche una ragazza, pure belloccia, pugilatrice essa pure che trovava molti più sfidanti dei suoi colleghi maschi; parecchi giovanotti fra i più audaci non resistevano alla tentazione di misurarsi colla gagliarda e graziosa atleta, senonchè, saliti sul ring, sia per il timore di essere troppo brutali, sia perché frastornati dallo schiamazzo del pubblico, si facevano sorprendere dalla velocissima ed aggressiva ragazzola, si beccavano una gragnuola di pugni sul naso e chiudevano la breve esibizione tra le risate e gli sberleffi del pubblico.
...Per molti anni una attrattiva molto gradita a grandi e piccini fu rappresentata dal circo equestre dei Fratelli Sforzi, un circo non certo grandioso come si vedono alle volte in TV, ma molto buono per i numeri che presentava, specialmente i bravissimi cavallerizzi, poi acrobati, giocolieri, e gli spassosi "pagliacci" il tutto con attrezzature e costumi più che dignitosi; aveva sempre successo ed i suoi estimatori che lo attendevano ogni anno.
...In seguito ebbe fortunati momenti il Pozzo della Morte, un grosso cilindro in legno dentro il quale compievano spericolate evoluzioni dei motociclisti, gli spettatori assistevano dall'alto.
...Il globo invece era costruito in traliccio, naturalmente a forma sferica e consentiva esercizi ancora più complicati.
In diverse occasioni, ad opera di giovani locali, veniva organizzato un ballo che tempo permettendo ebbe sempre grande successo.
...Giunti a questo punto non si può non segnalare una figura che godette di grande popolarità e simpatia fino a diventare quasi un'istituzione. Infatti in quel periodo, gli anni trenta, non sarebbe stata concepibile una "fea da Madonna" senza il nostro personaggio. Si trattava di un cantastorie che si spostava da una fiera all'altra con la sua fida fisarmonica ed una valigia contenente il suo costume di scena ed un fascio di fogli riproducenti le ultime novità in fatto di canzoni, il classico "canzoniere", tanto diffuso una volta. Fin dalla sua prima apparizione ottenne un successo strepitoso che andò sempre crescendo negli anni successivi, tanto da crearsi una notevole schiera di estimatori.
...Tenete presente che la radio era ancora pochissimo diffusa e la televisione neanche pensata, ciò aiuta a comprendere il grande successo di questi cantanti ambulanti, ma il nostro uomo era senza dubbio in possesso di ottime doti di attore e di una grande carica di simpatia che gli assicura va il successo già in partenza.
...Era anche un tipo piuttosto singolare, non aveva ne una donna, ne un ragazzo che lo aiutasse: faceva tutto da solo. Arrivava alla chetichella, si creava in qualche modo un piccolo spazio interno, si sistemava nel terreno a valle della ferrovia, defilato dal gran frastuono dei baracconi e dava inizio al suo numero. Pochi accordi di fisarmonica per richiamare i primi ascoltatori, indossava un frak con lunghe code ed una bombetta e si andava ad incominciare. Il frak aveva una particolare imbottitura sulle spalle che lo faceva apparire un po' "zembu" (gobbo).
...La valigia posata sul terreno dalla quale negli intervalli estraeva una manciata di fogli, compiva un giro tra il pubblico, incassava e tornava a cantare. Da buon cantastorie aveva sempre nel suo repertorio una "ballata" illustrante il fatto più clamoroso e tragico dell'anno, che lui cantava e mimava con grande efficacia. Tra i tanti fece molta impressione l'episodio della donna tagliata a pezzi, ficcata in una valigia e spedita come bagaglio. E poi molti fatti del genere, la materia da trattare non mancava di certo. Per i giovani, specialmente le ragazze, sfoderava tutto il repertorio delle canzonette sentimentali in voga.
...A conferma delle sue doti da attore, passava dal tragico al comico con estrema facilità. Circolavano certe "ariette" maliziose zeppe di doppi sensi, con l'aiuto della sua mimica strappava risate a non finire.
...Ma il successo clamoroso lo ottenne, quando il governo di allora, ebbe la pensata di applicare una tassa sul celibato, maschile si intende. Se ricordo bene correva l'anno '35; ispirandosi a non so quale autore una sorta di "ballata" piuttosto umoristica, che il nostro cantastorie sceneggiava in maniera veramente esilarante strappando applausi a non finire, richieste di bis e soprattutto incrementando la vendita del canzoniere; l'acme dell'entusiasmo veniva toccato quando giunto al ritornello invitava gli spettatori a cantare tutti in coro con lui, era anche un po' istrionico.
...Per completare il ritratto del tipo, diremo che dopo tanti anni, nessuno ne conosceva con esattezza il nome e da dove ne venisse. Qualcuno sussurrava che fosse molto danaroso per merito della sua attività, che possedesse una lussuosa villa in una non meglio identificata località del Piemonte. Credo che fossero solamente fantasie e sopraggiunta la guerra, cambiarono molte cose, se ne persero le tracce.
...La fiera del torrone, era definita da molti, per la grande offerta di questo prodotto che sempre c’è stata e c’è tuttora. Quella che è invece in declino, o scomparsa del tutto, è la simpatica tradizione della "resta de linsöe", le lunghe collane di nocciole infilzate in uno spago, presenti in tutte le fiere di Liguria, tradizionale omaggio dei giovanotti alla ragazza preferita.
...Le "fiere" dei tempi passati erano note anche per una particolarità ormai irripetibile: le osterie all'aperto. Venivano situate in gran numero nelle "fasce" soprastanti il "cianelun" o nei paraggi del mercato delle bestie ed in ogni angolo disponibile. Erano sempre molte, in qualche occasione furono veramente moltissime, due o tré al massimo trovavano sistemazione in qualche vecchio "fundu" reperibile sul posto e ripulito per l'occasione, oltre alla vecchia osteria del "Fumelettu" che aveva il privilegio di trovarsi sul posto. Tutte le altre, ed erano molte, erano in piena aria, sistemate in mezzo agli ulivi su "fasce" anche di livelli differenti erano estremamente pittoresche; i tavoli ottenuti piantando,quattro paletti nel terreno ed un paio di assi inchiodate sopra, a formare il piano; con lo stesso sistema si approntavano le panche per sedersi ai due lati. Un tavolo abbastanza ampio per contenere un paio di damigiane di vino (le altre stavano sotto), una grossa conca piena di acqua per sciacquare i bicchieri, una tovaglia piegata in due con sopra i bicchieri puliti messi capovolti ed ecco l'arredamento dell'osteria all'aperto, completava il tutto una cassetta di gazzosa con la biglia, per coloro, donne o ragazzi che volevano calmare la sete senza bere vino.
...Alcune osterie dei dintorni si trasferivano sul posto per i giorni della fiera. ma in buona parte erano osti improvvisati che chiedevano la licenza per cogliere l'occasione di incassare qualcosa. Altri offrivano vino di loro produzione particolarmente apprezzato dagli intenditori, per citarne uno "Federico Trevia" sempre presente col suo ottimo "vermentin de Castelin", roba da buongustai; altri offrivano buoni vini piemontesi, altri ancora roba da minor pregio, insomma ce n'era per tutti i palati. Anche da Diano Castello giungevano osterie fornite del famoso "vermentin de Castellu", molto apprezzato dai conoscitori. Tanti erano presenti ormai abituali, difficile elencarli anche sommariamente, uno per tutti "Luigìn du cian du rattu" sempre presente, coadiuvato dalla figlia Natalina, si sistemava in un "fundu" nel famoso "caruggiu" e forniva ottimi "tortelli", un po' pepati per invogliare a bere.
...L'ambiente allora era profondamente diverso dall'attuale; l'attività predominante, la coltivazione dell'ulivo, le strade malagevoli, i mezzi di trasporto rudimentali, facevano si che le popolazioni delle vallate vivessero molto isolate dai centri della costa. Le varie fiere che si succedevano durante l'anno, e nel nostro caso quella della Rovere, fornivano a molta gente l'occasione di scendere a valle, effettuare acquisti di oggetti e di generi non reperibili nei loro paesi.
...Era anche l'occasione di rivedere amici che non si incontravano da molto tempo ed allacciare nuove conoscenze, non parliamo dei ragazzi che già molto tempo prima venivano allettati con la promessa di portarli alla fiera, come dire, nel mondo delle meravilgie.
...Per questi motivi l'affluenza dei paesi vicini e meno vicini, era veramente enorme. Fin dalle prime ore della mattinata era un continuo arrivare di persone di tutte le età, dai bambini agli anziani; le donne che trasportavano le classiche "cavagne" colme di cibarie dando la mano al più piccolo, seguite dai grandicelli, si dirigevano rapidamente verso il Santuario per un primo omaggio alla Madonna, mentre gli uomini compivano un primo giro, nell'attesa di riunirsi per consumare insieme il desinare.
...Non tutti arrivavano a piedi: alcuni birocci con l'ausilio di un paio di sedie trasportavano intere famiglie, altri ancora giungevano a cavalcioni del somaro con i bambini nei "curbùi", uno spettacolo davvero pittoresco.
...Il treno che fermava a Cervo circa alle otto e mezza del mattino, scaricava a sua volta una fiumana di gente proveniente da Andora e oltre; lo Stradone (ora Aurelia) per qualche tempo rimaneva intasato per l'insolito affollamento. A proposito di "stradone" quanti si ricordano ancora degli anni quando era permesso ai vari banchi di sistemarsi sui lati della strada, non ancora asfaltata e naturalmente priva di marciapiede; adesso è difficile anche da immaginare, ma era così, traffico scarso quanto si vuole, ma era pur sempre l'unica strada percorribile per attraversare San Bartolomeo. Per descrivere con esattezza la situazione, posso precisare che il lato a mare era riservato ai mercanti di stoffe ed abbigliamento, mentre a nord ospitava i già citati articoli inerenti all'agricoltura. Le macchine per fortuna erano scarse, ma vi potete immaginare la difficoltà per quelle poche ad imboccare quello strettissimo budello intasato di persone. Era una cosa penosa procedere un centimetro alla volta, le persone schiacciate contro i banchi, moccoli a non finire. Allora ad aumentare l'impressione di angusto, lo stradone era fiancheggiato da un alto muro da entrambi i lati con qualche interruzione dalla parte a monte.
...In seguito la situazione divenne insostenibile ed i banchi sullo stradone non furono più ammessi, fino alla costruzione degli attuali marciapiedi, ma questo è un altro discorso.
...Negli anni della bicicletta, subito dopo la guerra, l'enorme diffusione di questo modesto veicolo, suggerì a qualche volenteroso l'apertura di un posteggio a pagamento per detti mezzi, l'idea fu felice, altri seguirono l'esempio, e per alcuni anni furono affari d'oro.
...Il rapido evolversi dei tempi ridusse in pochi anni il "boom" della bicicletta e anche i posteggi chiusero i battenti.
...Chiudo con un'ultima constatazione sulla notorietà della "fea da Madonna" anche nei paesi non proprio vicini. Parlando, di recente, con persone delle vallate dell'Impero e del Prino, ho appreso che conoscevano perfettamente la festa ed i posti, per averli frequentati assiduamente in passato e seppur più saltuariamente ancora di recente.
........................................................................................................... Mario Corso
...Sulle origini della fiera non si hanno notizie. Del resto non si hanno notizie neppure sulle origini della borgata, la cui esistenza è attestata all’inizio del trecento, quando era detta semplicemente “Santa Maria”; ciò permette di dedurre che la chiesa fosse preesitente di qualche tempo, tanto da dare il suo nome al piccolo abitato che le è sorto intorno. Per quanto concerne la fiera invece si sa, grazie a documenti d’archivio, che già nel XVI e XVII secolo attirava molta gente dalle località vicine e vi si poteva trovare sempre un notaio col suo banchetto, a disposizione di coloro che approfittavano di quell'incontro per concludere degli affari da registrare con un contratto. In particolare in questa occasione i patroni delle imbarcazioni che si recavano a pescare il corallo nelle acque della Sardegna reclutavano i marinai per la loro spedizione, versando loro un anticipo che veniva accuratamente registrato con un atto notarile.
...Il tutto allora si svolgeva in un solo giorno, il 2 febbraio; l'afflusso enorme di popolazione e la grande confusione che ne derivava nel 1817 hanno indotto gli amministratori comunali a diluire l'evento nell'arco di due giorni, appunto il 2 e il 3 febbraio, stabilendo che il primo giorno doveva essere riservato alle funzioni religiose e quello successivo alle attività propriamente fieristiche. Negli anni immediatamente successivi però i venditori ambulanti hanno iniziato a presentarsi nella piazza della chiesa con i loro prodotti fin dal 2 febbraio e la fiera ha assunto così di fatto la programmazione che perdura tuttora.
...I miei primi ricordi sulla "fiera della Madonna" risalgono ai passati anni Cinquanta. Mi piace ricordare di quei tempi soprattutto i banchi del torrone e dei biscotti. Già! quella era la “fiera del torrone” e la piazza del Santuario era occupata da banchetti stipati che vendevano quella leccornìa preparata in mille modi. Ma chi si ricorda ancora dei “galletti” e i “fantin”? i biscotti a forma di gallo o di fante con la cannuccia per tenerli in mano e striscioline di carta colorata che ne simulava la coda o il pennacchio? Quando riuscivamo a farcene comprare uno lo portavamo a spasso per tutta il giorno senza il coraggio di addentarlo per non rovinarlo.
...Poi crescendo la mia attenzione si è spostata soprattutto sul Luna Park, che proprio in quegli anni ha conosciuto il suo momento migliore. Qui c’era sempre anche lo zucchero filato e c’erano i giochi più svariati; ogni anno poi arrivava qualche novità. Una tappa obbligata erano i tiri a segno, quello con i fucili che sparavano tappi di sughero per noi più piccoli, che guardavamo con invidia gli adulti che nel baraccone a fianco imbracciavano “veri fucili” ad aria compressa che sparavano piccoli pallini di piombo. Era un continuo evolversi anche per le giostre, sempre più grandi, più colorate e più sfavillanti di luci, con l'immancabile autoscontro a farla da protagonista. E non si risolveva tutto in due giorni, perché il Luna Park in quei tempi sostava a San Bartolomeo per un mese.
...Questo era un altro aspetto di quell’evento, meno noto, ma con implicazioni interessanti. Basti ricordare che alcuni giostrai avevano dei figli che, per non perdere l’anno, in quel mese frequentevano la nostra scuola e, in alcuni casi, hanno instaurato delle amicizie che sono durate nel tempo.
...Oggi ho fatto l’immancabile giro sulla fiera. È sempre una bella cosa, c’è tanta gente e ci sono tante merci; ci sono anche gli animali, ma che fine hanno fatto le giostre e i baracconi del tiro a segno? E il torrone? Avevo proprio voglia di gustarmelo. Ho fatto tutto il giro per acquistarlo, ma invano: alla fiera della Candelora non ce n'è più traccia. Così quest'anno sono tornato a casa avvilito e con la "cuéa" di torrone. Unica piccola consolazione: sulla via del ritorno ho incontrato altri delusi come me: mal comune …
............................................................................................... GF, 2 febbraio 2017